Pianificazione Strategica per gli USA

(Da noi pubblicato sul sito vivereinusa.com).

La pianificazione strategica è quell’elemento – indispensabile – che consente di colmare il gap tra i propri goals (siano essi sogni di avventura, arricchimento professionale, o più praticamente obiettivi di tipo commerciale) e la loro realizzazione. Così, ad esempio, la società italiana che voglia vendere i propri prodotti in USA o che voglia aprire una filiale oltreoceano, potrà raggiungere il risultato prefisso solamente avendo, ancor prima di mettere in atto alcuna azione tesa al raggiungimento dello scopo, compiuto un’approfondita analisi del mercato e delle sue peculiarità, nonché avendo programmato dettagliatamente il “course of action” da intraprendere.

In un certo senso possiamo dirci tutti imprenditori, nel momento in cui abbiamo dei sogni e dei desideri da realizzare e intraprendiamo il course of action necessario a realizzarli. Tuttavia, ciò che caratterizza l’imprenditore di successo – dove per successo qui si intende quello conseguito e mantenuto nel lungo periodo – è la capacità di pianificare, a partire dagli inizi della propria attività, alle modalità con cui sarà conseguita la crescita, elemento, questo, che dovrebbe essere già presente, perché previsto, in tutti gli steps iniziali.

Alla base della pianificazione – e suo elemento imprescindibile – è la necessaria conoscenza e analisi di tutti gli aspetti (tanto più se interconnessi tra loro) di un dato problema.

1) Conoscenza dei visti disponibili per gli USA e delle regole sull’immigrazione USA

Nell’articolo precedente sui visti per gli USA abbiamo analizzato quanto sia importante, qualora si intenda recarsi e/o stabilirsi negli USA, essere edotti di tutti gli aspetti connessi all’immigrazione. La conoscenza di tale regolamentazione sarà cruciale. Ad esempio, in alcune situazioni sarà preferibile recarsi negli USA usufruendo di un Visto B, anziché di un Visa Waiver (l’ESTA), qualora si preveda, in futuro, di dover fare richiesta di determinate categorie di visti che consentano di stabilirsi in loco ed effettuare l’attività lavorativa. Ancora, si porranno in essere alcune attività preparatorie, nel corso della costituzione della start-up statunitense, al fine di facilitare la successiva richiesta di visto.

Allo stesso modo sarà utile approcciare anche tutte le altre problematiche e, in tal senso, è consigliabile una ricerca preventiva del mercato statunitense, non soltanto per verificare l’esistenza della domanda del prodotto o servizio offerto, ma anche al fine di individuarne tutti gli aspetti cruciali e le criticità, metterli in relazione ai propri obiettivi e, quindi, coadiuvare l’opera di pianificazione del proprio progetto in tutte le sue componenti.

2) Informazioni Generali sul Business e/o Marketing Plan

La redazione di un business plan e/o marketing plan, a seconda della mission e dei target che ci si prefigge1, potrà costituire un valido aiuto in tal senso, consentendo di creare una mappa che, mano a mano che le informazioni si arricchiscono e divengono più precise, ci indicherà la via per il raggiungimento dei nostri obiettivi.

Tra i primi aspetti da tenere in considerazione vi sono quelli di tipo legale, poiché il sistema statunitense, che è basato su principi diversi da quello italiano 2 richiede un livello di conoscenza e approfondimento più penetranti di quanto mediamente richiesto all’imprenditore italiano. Tale livello di approfondimento, però, si rivela molto utile, sempre in ottica programmatica, in due sensi:

  • al fine di fornire una panoramica dei rischi e dei possibili imprevisti, elementi utilissimi e informazioni preziose al fine della redazione del business plan
  • come prezioso alleato della strategia marketing.

Nel primo caso, si puo’ partire da:

  • caratteristiche del prodotto che si intende commercializzare (può essere venduto liberamente o è considerato pericoloso per l’utente finale? In tal caso, che cautele vengono richieste?);
  • le modalità di vendita (non sempre sono le medesime, non dimentichiamoci che gli USA non sempre adottano le medesime tutele previste dal sistema legale italiano);
  • le modalità di importazione sul suolo USA;
  • i mezzi di pagamento e le tutele del credito (che negli USA offrono alternative forse più efficaci rispetto alle tutele italiane, ma se non predisposti espongono i creditori più “sprovveduti” a rischi enormi);
  • sara’ importante capire se vi siano degli elementi proprietari e unici del nostro prodotto che vorremo tutelare – in che modo e a chi ne affideremo la tutela (a noi stessi o alla nostra controparte statunitense?);
  • andranno poi valutati i rischi connessi alla struttura che si vuole predisporre, sia essa una società in loco (nel qual caso la costituzione di una corporation o di una Limited Liability Company LLC consente, purché vengano rispettate alcune formalità, di limitare la propria responsabilità nei confronti dei terzi all’ammontare del capitale versato) o un semplice rapporto commerciale con una controparte statunitense;
  • infine, non trascurabile, sarà l’impatto relativo agli aspetti fiscali del progetto.

Tanto più elaborata sarà la struttura che si andrà costituendo al fine del raggiungimento dei nostri obiettivi, quanto più la nostra “mappa” ideale dei rischi e delle criticità andrà ad arricchirsi di nuove variabili. Così, ad esempio, qualora sia richiesto l’impiego di personale in loco andranno valutati i principi applicabili all’impiego negli USA, le leggi previdenziali e le ritenute, le modalità con cui si possono affittare i locali destinati all’insediamento produttivo o commerciale, nonché le tutele assicurative, alcune delle quali richieste obbligatoriamente.

Per quanto riguarda lo sviluppo di una strategia marketing dovrebbe essere coadiuvato e pensato in un’ottica più ampia e, anche in questo caso, assieme agli aspetti legali.

Ad esempio, numerosi sono gli imprenditori che si avvalgono del sistema fieristico. Tuttavia anche in questo caso la corretta pianificazione potrà fare la differenza tra chi, ad esempio, riuscirà semplicemente a conquistare un nuovo cliente e chi, al contrario, sarà in grado di sviluppare un nuovo mercato.

Approcciarsi agli USA pensando che si voglia procedere alla creazione di un nuovo mercato – e non, semplicemente, che si stia cercando un nuovo rivenditore – è in questo senso indispensabile: sin dagli inizi andranno prese, quindi, decisioni strategiche, quali quella dello sviluppo del nome e della reputazione della società o del prodotto, in termini di marketing e, problematica strettamente connessa, in termini legali.

Chi si focalizza unicamente sulla verifica della richiesta o meno del proprio prodotto o servizio da parte dei potenziali acquirenti presenti nello stand fieristico, trascurando di porsi quesiti cruciali sulle modalità di commercializzazione, perde un’occasione d’oro per posizionarsi in maniera strategica al fine dello sfruttamento del nuovo mercato. Tra gli strumenti cruciali in questo senso vi è l’apporto contrattuale, che, anche grazie all’estrema elasticità del sistema giuridico statunitense, potrà essere utilizzato personalizzandolo su misura in base alle esigenze strategiche e ai targets che ci si prefigge di raggiungere.

3) Finanziare la propria attivita’ negli USA

Un capitolo a parte è quello relativo al finanziamento dell’attività. Negli USA il sistema finanziario è molto più attento a finanziare attività commerciali e/o produttive solamente in presenza di garanzie (la cosidetta security) date dagli assets aziendali o in presenza di un cash flow consolidato.

In base all’importanza dell’uno e dell’altro elemento verrà negoziato il tasso di interesse a cui viene erogato il finanziamento. Nella stragrande maggioranza dei casi tali elementi vengono valutati sulla base di una struttura già presente nel territorio USA, per cui si dovrà prima procedere alla creazione di una società locale, che possegga assets o che dimostri la presenza di cash flow sufficienti a garantire un certo grado di comfort per il sistema finanziario statunitense.

Leggermente diverso è il discorso per numerosi connazionali (o di cittadini provenienti da altri Paesi) che si recano negli USA con l’intento di finanziare una start up di tipo innovativo, spesso nel settore IT. Non sono più questi i tempi in cui – come succedeva negli anni ’90 – quasi chiunque avesse un’idea, anche allo stadio embrionale, poteva contare su ingenti capitali da parte dei fondi di venture capital. Ora, persino chi si appresta ad utilizzare strumenti di fund raising noti per l’approccio “self-made”, quali ad esempio Kickstarter.com, si fa assistere da consulenti specializzati al fine di sviluppare una proposta di investimento che si adatti in modo ottimale alla piattaforma.

Anche in campo IT, quindi, seppure vi sia decisamente una maggiore capacità attrattiva di finanziamenti rispetto a quanto avvenga in altri settori, la pianificazione è indispensabile e contribuirà a fare la differenza tra un’attività di fund raising proficua o meno. Spesso chi si è presentato in Silicon Valley a caccia di finanziatori senza avere prima sviluppato un piano strategico di sviluppo del prodotto, un piano marketing e, magari, creato una società nella quale aveva fatto confluire la proprietà degli assets IT da sviluppare, è stato costretto a fare i bagagli e tornare al Paese d’origine.

4) Contratti commerciali negli USA

In tema di contrattualistica commerciale particolare attenzione va prestata nelle fasi iniziali, in cui spesso entra in gioco la redazione del cosidetto “term sheet”, o “letter of intent”, o “memorandum of understanding”.

Questo e’ uno strumento non nuovo, ma da sempre utilizzato nell’ambito delle transazioni commerciali al fine di fissare alcuni punti cardine relativi al compimento di un affare sui quali le parti si trovano d’accordo, rimandando ad un momento successivo la negoziazione dei rimanenti punti e quindi la finalizzazione di un contratto.

Di recente questo strumento è stato sempre più utilizzato da parte di chi, magari a causa dell’inesperienza dovuta alla giovane età, proviene da settori che non sempre hanno dimestichezza con il settore legale e/o finanziario, rischiando di farne un utilizzo improprio. A tal proposito, un recente decisione della Corte Suprema del Delaware 3, lo Stato che forse più di altri ha contribuito a definire gli indirizzi giurisprudenziali in materia societaria, ma anche commerciale, sancisce alcuni principi in materia di obblighi di negoziazione, in buona fede, dei punti espressi in un term sheet. Da approfondire qualora siate interessati.

In conclusione, indipendentemente dal fine con il quale ci si approccia agli USA, la programmazione, coadiuvata dall’indispensabile lavoro di ricerca e analisi di tutti gli aspetti connessi al nostro programma, rimane un elemento insostituibile per consentirci il raggiungimento dei nostri scopi.

  1. Con le dovute eccezioni, generalmente il business plan andrà creato in tutti quei casi in cui è prevista la creazione di un nuovo business (presumibilmente in loco, ma non mancano situazioni “ibride” nelle quali avvenga, ad esempio, la costituzione di una società in Italia al fine di commercializzare un prodotto o fornire servizi anche al mercato USA) o una nuova divisione, mentre il marketing plan sarà riferito alle modalità di commercializzazione di un prodotto o servizio che verrà semplicemente distribuito in territorio USA.
  2. Il sistema legale statunitense è basato sulla Common Law, ovvero su di alcuni principi che derivano dal consolidato indirizzo espresso nelle decisioni dei giudici (indirizzo che, a volte e su alcune materie specifiche può variare da Stato a Stato), mentre è limitato l’utilizzo della codificazione. Una delle conseguenze è che, mentre il diritto italiano, grazie all’imponente opera di codificazione, è decisamente tutelante nei confronti del contraente più debole, il diritto statunitense si basa sull’autonomia delle parti, che quindi devono farsi parte attiva nel tutelarsi
  3. Siga Technologies, Inc. v. Pharmathene , Inc., C.A. No. 2627 (Del. May 24, 2013), discussa qui, affronta alcuni punti cruciali, tra cui (i) la risoluzione dei conflitti di leggi tra diversi Stati, (i) l’obbligo di negoziare in buona fede e la natura “binding” o meno di un term sheet e (iii) la legittima aspettativa di risarcimento dei danni derivanti dall’interruzione della negoziazione.